L’idea di scrivere la Divina Commedia nacque in Dante intorno al 1307. Di quest’opera, maggior titolo di vanto della letteratura italiana, scriveva Francesco De Sanctis: “La Divina Commedia è una vasta visione e la contemplazione dell’altra vita è il dovere del credente, la perfezione. Il santo vive in spirito nell’altro mondo: le sue estasi, le sue visioni si riferiscono alla seconda vita a cui sospira. Dante accetta questa base ascetica, popolarissima: contemplare a vedere l’altro mondo è la via della salvazione. Per scampare dalla selva del vizio e dell’ignoranza, egli si getta alla vita contemplativa, vede in spirito lo altro mondo e narra quelle che vede. Questo è il motivo ordinario di tutte le visioni, è la storia di tutt’i santi, è il tema di tutt’i predicatori, è la lettera della Divina Commedia, visione dell’altro mondo come vi della salute.
Ma la visione è allegoria. L’altro mondo è in fondo la storia o il mistero dell’anima ne’ suoi tre stati, detti nell’Allegoria dell’anima, Umano, Spglia, Rinnova, che rispondo a’ tre mondi, Inferno, Purgatorio e Paradiso. È l’anima intenerita dal senso, nello stato puramente umano, che, spogliandosi e mondandosi della carne, si rinnova, ritorna pura e divina. Questa allegoria era popolare e comune non meno che la lettera. Ciascuno vedeva un po’ l’altro mondo con l’occhio di questo mondo, con le sue passioni e interessi”.
GUSTAVO DORÉ
Paul Gustave Doré nato a Strasburgo nel 1832 è stato un pittore, un incisore, un disegnatore e un litografo noto soprattutto per le sue illustrazioni della Divina Commedia di Dante (1861 – 1868).
Si trasferì a Parigi giovanissimo dove cominciò la sua carriera come caricaturista per un giornale dell’epoca. La sua edizione della Bibbia (1865) ottenne un enorme successo, e lo portò a Londra nel 1867 dove venne inaugurata una grande mostra delle sue opere.
L’artista continuò a lavorare fino alla sua morte, a Parigi, nel 1883, dove è sepolto al cimitero di Père Lachaise.
Tra le opere illustrate da Doré vanno ricordate, oltre alla Divina Commedia (1857-1867), molte opere di Lord Byron (1853) , Don Chisciotte (Don Quixote) di Miguel de Cervantes (1863), Il Paradiso perduto (Paradise Lost) di John Milton (1866), L’Orlando furioso di Ludovico Ariosto (1877), Il Corvo (The Raven) di Edgar Allan Poe (1884), Le Favole di La Fontaine (1867). Si tratta in tutti i casi d’incisioni in legno (xilografiche).
Tra le prime edizioni italiane delle illustrazioni di Doré ricordiamo Dante Alighieri, La Divina Commedia, Milano, Sonzogno, 1868; La Sacra Bibbia. Vecchio e Nuovo Testamento, Milano, Treves, 1869; Capitano Mayne Reid, L’abitazione del deserto o avventure d’una famiglia perduta nelle solitudini dell’America, Milano, Politti, 1874; Carlo Davillier, Viaggio in Ispagna, Milano, Treves, 1874; Teofilo Gautier, Il capitano Fracassa, Milano, Simonetti, 1875; Joseph-François Michaud, Storia delle crociate, Milano, Sonzogno, 1878; Michele Cervantes di Saavedra, Don Chisciotte della Mancia, Milano, Tipografia editrice lombarda, 1880; Charles Perrault, Il libro delle fate, Milano, Tipografia editrice lombarda, 1880.
GIUSEPPE VILLAROEL
Insegnante, fu curatore di antologie, dell’aggiornamento del Nuovissimo vocabolario della lingua italiana di Niccolò Tommaseo (Milano, Istituto editoriale moderno, 1938) e di un fortunato commento alla Divina Commedia (La divina commedia, commento a cura di Giuseppe Villaroel; revisione di Guido Davico Bonino e Carla Poma; con uno scritto di Eugenio Montale, Milano, Arnoldo Mondadori editore, 1985).
Entrò nel giornalismo nel 1915 e fondò e diresse il Giornale dell’Isola letterario a Catania; fu critico letterario del Secolo-Sera a Milano dal 1925 al 1935, del Popolo d’Italia dal 1935 al 1943. Ha collaborato, come articolista di terza pagina alla: Gazzetta del Popolo, al Corriere della Sera, al Messaggero, ecc. Fu collaboratore del Giornale d’Italia, del Resto del Carlino, della Nazione, del Mattino, della Fiera letteraria. Ha pubblicato dieci volumi di poesie, due romanzi, due volumi di novelle, tre volumi di critica e studi letterari. Ha vinto otto premi di poesia: “Viareggio”, 1930, “Accademia d’Italia”, 1932–1933, “Fusinato”, 1935; “Goethe”, 1937; “San Remo”, 1938; “Columbus”, 1951; “Valdagno”, 1951.Prolifico critico letterario, narratore e poeta, scrisse, tra gli altri, Il secolo dei panni al sole (Milano, Ceschina, 1959); Giufà: romanzo comico e grottesco per i ragazzi di tutte le età (Milano, La Prora, 1934); La donna e il vortice (Milano, Ceschina, 1935); Via Etnea (Milano, Ceschina, 1956); Ingresso nella notte (Firenze, Vallecchi, 1943); Quasi vento d’aprile, con una premessa critica di Francesco Flora (Milano-Verona, A. Mondadori, 1956); La tavolozza e l’oboe (Milano, Studio editoriale Lombardo, 1918); La bellezza intravista (Roma-Milano-Verona, A. Mondadori, 1923); Ombre sullo schermo (Milano, Alpes, 1930); e il racconto per ragazzi, Cocoriello Testadura (Torino, Società Editrice Internazionale, 1961).
Dopo l’armistizio di Cassibile aderì alla Repubblica Sociale Italiana[1]. La sua vena poetica, in origine vicina al Decadentismo, è andata evolvendosi verso toni di ispirazione amorosa, sempre contenuti e controllati.
DESCRIZIONE DELL’OPERA
Un prestigioso volume.
600 pagine
180 illustrazioni di Gustavo Doré.
Commentata da Giuseppe Villaroel
Formato: cm 24×32